Come accogliere le emozioni negative

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Come si fa ad abbracciare e accogliere le emozioni negative come rabbia, sfiducia, paura?

La rabbia sembra dominare il mondo, basta guardarsi intorno per accorgersene.

Ma cosa c’è sotto la rabbia?

E da dove prende tutto questo potere e questa energia tanto da poter spaventare sia noi stessi che gli altri?

L’amore ci rende vulnerabili

Guardati intorno: cosa vedi?

Il mondo sembra girare sempre più vorticosamente e noi non sappiamo che fare.

Aumentare la velocità? Correre sempre di più e sempre più in fretta per non restare indietro?

Oppure rallentare, correre il rischio di apparire diversi, meno capaci, meno competitivi e provare a fermarsi?

Entrambe le opzioni non sembrano così facili da percorrere, e il più delle volte non sappiamo che fare.

Accade lo stesso nelle relazioni di coppia.

Sembra sempre che ci sia un traguardo da raggiungere: quando siamo da soli pensiamo di dover trovare un partner; quando siamo in coppia ci vogliamo fidanzare; poi ci vogliamo sposare, poi avere un cane, dei figli, una macchina, una casa… non necessariamente in quest’ordine.

Riempiamo la nostra vita di cose per distrarci da noi stessi e dalle altre persone.

Siamo alla costante ricerca di distrazione.

Non andiamo quasi mai dentro di noi, un posto che ci appare triste e desolato come una grotta scura e poco accogliente. Preferiamo invece andare all’esterno, dove tutto sembra così luminoso, accattivante, attraente.

Là fuori ci sono così tante cose che brillano e che ci fanno sentire che se riusciremo ad averle allora anche ciò che abbiamo dentro si illuminerà, e saremo felici, completi e soddisfatti.

E così perdiamo l’occasione di conoscerci veramente, di stare con noi stessi e di essere in grado da quel punto di conoscere anche gli altri.

Ma poi, più o meno improvvisamente, arriva quel giorno in cui accade qualcosa che ribalta letteralmente tutti i nostri piani e butta tutto all’aria e noi ci ritroviamo ad essere così doloranti da dover fare subito qualcosa, perché con quel malessere non ci possiamo vivere.

Per molte persone quel qualcosa che spariglia le carte della partita che stavano giocando è l’amore.

L’amore ci attraversa e ci atterrisce, l’amore ci rende vulnerabili, ci costringe ad andare in profondità e a provare finalmente a capire chi siamo.

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La via della consapevolezza

Osho identificava tre momenti di possibile incontro con la consapevolezza: il primo quando nasciamo, ma siamo troppo piccoli e crescendo ci dimentichiamo di quello spazio di perfezione in cui siamo venuti al mondo.

Il secondo è la morte, ma essendo il momento in cui lasciamo il corpo fisico, non possiamo tornare indietro perché per questa vita è troppo tardi.

Il terzo è l’amore.

L’amore è la tua unica via della consapevolezza, e devi essere pronto e non sprecare la tua grande occasione.

La maggior parte di noi si muove solo attraverso un grande dolore.

Solo quello stimolo riesce a metterci nella condizione di voler così tanto smettere di provare quelle sensazioni da farci reagire in due modi:

  • o troviamo dentro di noi la forza per attraversare e accogliere ciò che ci sta accadendo, riconoscendo in quello spazio qualcosa di sacro con l’immenso potenziale di aiutarci a guarire le nostre ferite emozionali;
  • o al contrario non siamo ancora pronti e quindi cerchiamo in qualche modo di distrarci e non sentire quel dolore (attraverso il classico chiodo-scaccia-chiodo, oppure facendo abuso di alcool, o prendendo psicofarmaci, o usando qualunque altra forma di distrazione, dai social al lavoro), prendendo così la strada della “ripetizione” e cioè quel sentiero impervio che ci riporterà di fronte alla prossima relazione senza aver imparato nulla su di noi, senza esserci evoluti e senza essere diventati consapevoli delle dinamiche che ci spingono a creare relazioni di co-dipendenza e di bisogno reciproco invece di relazioni di vero amore.

Ma dobbiamo fare attenzione perché non è in gioco solo l’amore in senso romantico, ma tutta la nostra vita che non può essere vissuta in modo degno senza aver percorso questo pezzo di strada.

E se continuiamo a vivere nella paura di perdere qualcosa, di perdere noi stessi ogni volta che ci sentiamo messi in dubbio o minacciati o non visti, ecco che la rabbia arriva a tentare di proteggerci.

Ma la verità è che non esiste nessuna minaccia.

Ciò che siamo non può essere toccato, non può essere minacciato e non può mai esserci tolto.

Solo l’ego ha paura e ha bisogno di essere costantemente nutrito perché se no sente di scomparire. Ed è sempre l’ego che si sente minacciato ed è sempre l’ego che si arrabbia per difendersi.

Guardati in giro, di nuovo.

Milioni di persone che apparentemente sorridono benevole, che si trasformano in esseri rabbiosi al primo minimo stimolo proveniente dall’esterno: in automobile, in fila alla cassa del supermercato, a tavola al ristorante, sul luogo di lavoro e in famiglia, ovunque ci sia occasione di contatto, queste persone si sentono “non viste”, non rispettate, addirittura provocate.

E quando lo stimolo arriva a toccare la loro parte più esterna, quella dell’ego, ecco l’esplosione di rabbia, ecco che il vulcano erutta un mare di lava.

Quando capita di assistere a una di queste esplosioni, o addirittura di esserne il destinatario, si vive un’esperienza che difficilmente si può dimenticare. E chi lo ha vissuto lo sa bene, sia da parte di chi la vive che di chi la riceve.

La rabbia è come un fuoco che brucia tutto ciò che ha intorno, senza fare distinzione, senza raziocinio.

Arriva, distrugge e se ne va.

Ma perché la rabbia sembra avere tanto potere su di noi?

La risposta è sempre la stessa, perché in quel momento ci identifichiamo completamente con quella sensazione e, credendola vera e potente, la cavalchiamo, salendo in groppa a una tigre che sta caricando.

In questo modo la rabbia diventa reale, distruttiva, pericolosa.

L’unico modo per toglierle forza è mettersi nella posizione dell’osservatore, disidentificarsi, scendere dalla tigre.

E accorgersi che in realtà è un gattino.

E che siamo noi che le diamo tutta quell’energia per credersi una tigre.

Le persone preda della rabbia sono persone che hanno paura di perdere loro stesse e che non hanno ancora compreso che nulla di ciò che realmente siamo può esserci tolto.

La rabbia arriva quando sentiamo dolore, e per coprire quel dolore, per non sentirlo, reagiamo utilizzando la rabbia, che, come ho detto prima, rade al suolo tutto ciò che trova, esorcizzando per un breve momento la paura di scomparire.

Ma il momento è davvero breve, infatti, appena la rabbia sparisce, cominciano i rimpianti e i rimorsi.

Entriamo nel senso di colpa, ci sentiamo male per aver reagito in quel modo e siamo anche fortunati se non siamo passati dalle parole ai fatti, facendo male a qualcuno, a volte seriamente.

Ci sono vite spezzate dalla rabbia, persone che uccidono o feriscono altre persone a causa di questa immensa paura, di questo buco nero che li inghiotte.

Non si può scindere la rabbia dalla paura. Guardate sotto la vostra rabbia e ci troverete sempre la paura.

Un cuore che non prova paura non prova mai rabbia.

A volte riconoscerla e imparare a non identificarsi può voler dire un processo di guarigione che parte da lontano, da quando eravamo piccoli, un po’ come accade con tutte le ferite emozionali del resto. 

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Paura, rabbia, sfiducia, abbandono: impara ad accogliere le emozioni negative

Nello scorso numero avevamo visto le quattro Ferite Emozionali, e la quarta era proprio quella della “Sfiducia e Rabbia”.

La persona che non si fida dell’esistenza è sempre all’erta anche se non se ne rende conto e infatti reagisce al primo minimo stimolo sentendosi minacciata e trovando conferma nel fatto che faceva bene a non fidarsi.

In questo ruolo di vittima degli eventi e degli altri, l’unica via di uscita che vede è quella di arrabbiarsi, così come farebbe un animale preso in trappola.

Quando ci arrabbiamo infatti perdiamo “lucidità”, non siamo più in grado di vedere che ci sono più possibilità per vivere quella situazione e gestirla in modo migliore.

Ma non ce la facciamo, siamo noi stessi vittime della nostra rabbia che prende il sopravvento.

E questo ci riporta direttamente all’identificazione con il bambino emozionale.

Ogni qualvolta sei identificato con una delle tue ferite emozionali, reagisci partendo da quel punto, esci dalla realtà e dal momento presente per identificarti con il dolore, la paura e la rabbia che provavi quando eri piccolo e ti sentivi impotente.

Siamo abituati a dire alle altre persone “mi hai fatto arrabbiare”. Come se fosse un loro super potere entrare dentro di noi e decidere a quale emozione noi ci identifichiamo.

Non esiste nulla del genere, il processo è totalmente interno e personale. Ognuno di noi reagisce a uno stimolo in piena libertà dagli altri e dallo stimolo stesso.

Ognuno di noi è responsabile di questo e il fatto di esserlo significa che ha il potere e la facoltà di volerlo vedere e decidere di interrompere questa identificazione.

Paura, rabbia, sfiducia, abbandono.

Sembrano i quattro guerrieri dell’apocalisse, siamo abituati a vederli come entità invincibili, enormi, di fronte ai quali siamo spesso impotenti, deboli, disarmati.

Ma non è così. Siamo noi che li armiamo e siamo sempre noi a decidere di smettere di farlo.

Osservarli, prendere le distanze, non farci trascinare nell’identificazione, trovare spazi interiori di verità, alimentarli… ecco come fare, è davvero molto semplice.

Ma manca un ultimo tassello, forse quello più importante, senza il quale la magia non si compie e la porta della consapevolezza non si apre: queste emozioni non vanno rifiutate o eliminate o scacciate, ma vanno accolte, attraversate, abbracciate.

Dietro ognuna di loro si nasconde un bambino spaventato e solo, che vi sta chiedendo amore.

È abituato a chiederlo agli altri perché voi non glielo date, e ogni volta soffre perché dall’esterno nessuno sembra amarlo quando sente di averne bisogno.

Ma la chiave siete voi, è del vostro amore che quel bambino ha bisogno e solo dall’interno quel vuoto può essere colmato.

Imparate questo, ripetetelo, leggetelo ovunque, più e più volte fino a che non vi accorgete che diventa il vostro pensiero ogni volta che vi siete identificati con una delle emozioni legate alle ferite emozionali.

Ogni giorno hai un’occasione per essere felice. Non sprecarla.

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