Lo sapevi che… la solitudine stimola la creatività?

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Solitudine e connessione sono due facce di una stessa medaglia. Entrare in connessione con se stessi è tanto importante quanto ricercare la solitudine.

Perché?

Abbiamo parlato di connessione all’interno della Rivista Heisenberg, ma ecco come possiamo osservarla partendo dalla solitudine.

La solitudine stimola la creatività, ma anche cercare la connessione con se stessi ha altrettanti effetti benefici.

La solitudine come opportunità

solitudine stimola la creatività - Blog Rivista Heisenberg

“Ho paura della solitudine”… tante volte capita di sentire questa frase da persone che ci stanno vicino, o magari siamo noi stessi a dirla o pensarla.

Ma come mai si ha tanta paura della solitudine?

La solitudine è forse una delle paure più diffuse tra gli esseri umani.

E questo perché in parte siamo stati “programmati” per stare meglio in compagnia, in parte però ci sono dati epidemiologici che indicano, con una certa chiarezza, come la solitudine sia associata a un maggior rischio di malattie croniche.

Uno studio uscito qualche anno fa ha infatti spiegato come l’isolamento sociale renda più vulnerabile il nostro corpo quasi fino a condurlo alla malattia, in certi casi.

Le ricerche sono state svolte da un gruppo di scienziati statunitensi che da tempo studiano le possibili conseguenze delle avversità sociali sulla salute delle persone.

Già in precedenza avevano osservato che la percezione di essere isolati è associata a precisi cambiamenti a livello cellulare, in particolare nell’espressione di geni che hanno a che fare con il sistema immunitario.

Esisterebbe infatti una precisa firma molecolare che si accompagna alla solitudine, e sarebbe data da un aumento dell’espressione dei geni collegati all’infiammazione e da una diminuzione di quelli coinvolti nella risposta immunitaria contro i virus, un meccanismo fisiologico costante chiamato “risposta trascrizionale conservata alle avversità”. 

Attenzione però, quella di cui abbiamo parlato finora è nello specifico una solitudine che è conseguenza delle avversità sociali, quali per esempio la pandemia che abbiamo appena vissuto.

Tutto questo quindi ha senso da un punto di vista evolutivo: l’individuo isolato e senza relazioni sociali vivrebbe in una sorta di “allerta permanente”, uno stato fisiologico che ti prepara a un’eventuale “fuga” in assenza di compagni che possano dare l’allarme.

A lungo andare questa condizione provoca stress all’organismo, ed ecco perché il rischio maggiore di malattie.

Tutto cambia però quando parliamo di solitudine come opportunità, come capacità di stare da soli, di creare dei momenti di isolamento, di dedicare tempo a se stessi.

In questo caso possiamo dimenticare tutti gli aspetti negativi provocati dall’isolamento e concentrarci invece sugli aspetti positivi dello stare soli.

Perché la solitudine è positiva?

Viviamo in una società iperconnessa in cui stare da soli spesso risulta addirittura difficile.

Solitudine sembra essere sinonimo di noia, di tristezza, di persona antisociale.

Allora perché la solitudine è positiva? Cosa ci porta a dire questo?

Un’analisi pubblicata su Quartz, spiega che se è vero che l’ispirazione, la contaminazione e la connessione con le idee altrui sono indispensabili, è altrettanto necessario ritagliarsi regolari spazi di solitudine, per lasciar sedimentare le informazioni e trovare soluzioni creative ai problemi.

Abbiamo bisogno di stare soli, ce lo dice anche la scienza.

La solitudine stimola la creatività: ecco come

solitudine stimola creatività - Blog Rivista Heisenberg

Ritagliarsi spazi di solitudine è un processo necessario, perché lascia che la mente vaghi in quell’apparente stato di distrazione che stimola creatività e pensiero laterale.

Come scrive Ester Buchholz, psicologa, psicoanalista e autrice di The Call of Solitude:

“La solitudine è necessaria affinché l’inconscio elabori e risolva i problemi. Gli altri ci ispirano, le informazioni ci alimentano, la pratica migliora le nostre prestazioni, ma abbiamo bisogno di tempo tranquillo per capire le cose, per emergere con nuove scoperte, per portare alla luce risposte originali”

La solitudine ci aiuta a restare in connessione con noi stessi ed è fondamentale ricercarla, soprattutto dopo aver vissuto momenti di connessione con gli altri, quali per esempio riunioni con il proprio team, serate di condivisione con amici e così via.

La solitudine per ritrovare se stessi

“Gli altri ci ispirano” dice la dottoressa Buchholz, e a questo proposito una nota speaker, coach e autrice statunitense, Barbara Sher, ha realizzato un progetto che si ispira proprio a quest’idea.

Si tratta del progetto Success Teams, lanciato da lei nel 1976.

Il principio era proprio quello di mettere in connessione tra loro persone sconosciute con un sogno o un progetto da realizzare, e fare in modo che si aiutassero a vicenda nel raggiungimento di quest’obiettivo.

Funzionava così: reclutava gruppi di circa 5 o 6 persone e li guidava attraverso il suo seminario di 8 settimane.

I membri raccontavano agli altri il sogno o il progetto che desideravano realizzare e i partecipanti rispondevano dando idee pratiche su come affrontarlo, su come superare gli ostacoli, condividendo contatti utili, in un quadro di incoraggiamento reciproco e supporto.

Solitudine e connessione… due facce di una stessa medaglia.

Entrare in connessione è vitale, e ricercare la solitudine dopo è altrettanto importante perché ti permette di ritrovare la connessione primaria, fondamentale con te stesso, e di creare così le cose più meravigliose.

E tu, cosa fai per sentirti connesso con te stesso?

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