Nel mio nuovo libro “I 9 Princìpi Quantici” ho esordito con questo concetto: arriva per tutti, prima o poi, il momento in cui devi fare i conti con te stesso.
E tante volte, si tratta di un momento non proprio facile. Spesso infatti scopri che la vita che stai vivendo non è esattamente quella che avevi sognato o pianificato.
A me è successo proprio così, ormai un po’ di anni fa.
Nel corso della tua crescita, capita di scegliere una strada piuttosto che un’altra non per amore, non perché segui il tuo “fuoco interiore”, ma bensì per necessità, per obbligo, o persino per paura.
E così a un certo punto ti ritrovi a chiederti: “È davvero questo il mio posto nel mondo?”.
Purtroppo o per fortuna, la risposta a questa domanda per molti di noi è: “No, questo non è più, o non è mai stato, il mio posto nel mondo”.
Cosa fare allora?
Se ci fai caso, la realizzazione è improvvisa, ma il processo che ti porta ad essa in realtà è graduale. E lo vedresti accadere, se prestassi molta attenzione. Ma è così difficile prestare attenzione quotidianamente al grande disegno della tua esistenza! Sì perché giorno per giorno ti trovi ad affrontare (o ad evitare) i problemi più immediati, o a godere delle piccole felicità. Questo significa vivere nel presente? Non esattamente.
Vedi, vivere nel presente significa sì vivere giorno per giorno, ma significa anche essere estremamente connessi con quello che accade, lucidi, con gli occhi ben aperti. Contemporaneamente immersi nel presente e lontani, attenti nella posizione di osservatori. Il comportamento che descrivevo prima invece è il comportamento che rispecchia la maggior parte delle persone, e ti porta a non vedere davvero quello che sta accadendo nella tua vita perché guardi da troppo vicino.
Dunque, se vivessi davvero nel presente ti accorgeresti subito quando qualcosa sta andando nella direzione sbagliata. Ma, come dicevo, non è sempre così…
E allora arrivi a un certo punto in cui gli sbagli si sono accumulati, gli errori anche, le frustrazioni, le paure, i rimpianti… e ti cadono addosso come una valanga. Questo è il punto più “basso”, quello più doloroso, più spaventoso; eppure è il momento che ti salva la vita, per quanto possa sembrare controintuitivo.
La vita te la salva proprio quel momento. Quello in cui apri gli occhi, e ti svegli.
Sì perché – e lo dice anche la fisica quantistica – il cambiamento procede per livelli energetici. A portarti al livello energetico superiore è quello che viene definito il “salto quantico”, una rivelazione. E così si segna un punto di non ritorno. “No, questo non è più, o non è mai stato, il mio posto nel mondo”. Ricordi?
Il problema, come dicevo, è che mentre vivi qualcosa non sei quasi mai consapevole di quello che sta succedendo veramente… lo capisci solo più tardi.
E quindi che fai? Quando hai un problema, cerchi di risolverlo usando lo stesso modello di pensiero che ti ha portato ad avere quel problema, in pratica usi la stessa incosapevolezza che l’ha creato. Non è colpa tua, è come se avessi davanti a te una serie di utensili di legno, e dovessi tagliare qualcosa di molto duro: tutti i tuoi strumenti si spezzano, uno dopo l’altro. E tu non riesci a vedere che sei seduto su una grande pietra grezza che, se limata a dovere, ti fornirebbe tutti gli utensili indistruttibili dei quali hai bisogno.
L’ha detto anche Einstein: “Non puoi risolvere un problema con lo stesso tipo di pensiero che hai usato per crearlo”.
Sembra scontato, eppure tutti lo facciamo: anche adesso, qualsiasi sia l’obiettivo che vuoi raggiungere, procedi per tentativi senza sapere davvero cosa sta accadendo in te. In questo modo non cambierai mai, per quanto ti affanni. E non è colpa tua, ma di ciò che non sai.
Quando vuoi davvero una trasformazione, l’ostacolo più grande non è il fattore tempo o la non conoscenza dei metodi giusti. Il vero problema è la resistenza che hai nel “mollare la presa” e affidarti al nuovo che stai scoprendo. Questo è un concetto fondamentale:
Quando vivi una difficoltà e non sai bene cosa ti stia succedendo, perché preferisci ricorrere ai vecchi schemi di pensiero, anche se sono i responsabili del tuo problema, piuttosto che guardarti dentro e trovare un modo diverso di vedere le cose?
Io ti chiedo proprio di mollare la presa, fare spazio, concederti la possibilità di restare di nuovo a bocca aperta, abbandonando i vecchi schemi e aprendoti alla riflessione su di te. Tu sei il punto di partenza, e quello di arrivo.
Lasciare il “vecchio e certo” che però ti fa soffrire, per scoprire il “nuovo e meraviglioso” che c’è in te e che richiede l’attitudine e la volontà di essere portato alla luce: è tutto quello che ti serve per cominciare il tuo viaggio.