Si sente spesso parlare di “relazione consapevole”, soprattutto se si è interessati ad argomenti di crescita personale ed evoluzione spirituale.
Un po’ ovunque questa parola magica, “consapevolezza”, sembra spuntare in ogni conversazione o libro o incontro che si propone di aiutarci a raggiungere appunto questo “Santo Graal” della nostra esistenza.
Ma che cos’è realmente la consapevolezza e che cosa si intende per relazione consapevole?
Possiamo permetterci di non essere consapevoli di noi stessi, di ciò che ci accade e di chi si relaziona al nostro posto quando noi non siamo presenti?
La risposta è ovviamente no, non possiamo permettercelo.
Lo dobbiamo a noi stessi, a chi amiamo e all’esistenza stessa.
E se noi non siamo presenti, chi si relaziona al nostro posto?
Che cos’è una relazione consapevole?
Premetto che uno degli sforzi che cerco di fare maggiormente scrivendo è quello di collegare direttamente le parole alle emozioni.
Il mio sogno, o per meglio dire la mia mission, si può dire che sia quella di far arrivare a chi mi legge la comprensione chiara e limpida di ogni parola e che questa parola sia appunto collegata a una reazione sia emozionale che razionale.
Altrimenti usate, le parole sono termini vuoti, senza energia propria, che personalmente quando le sento con le orecchie, lì rimangono, senza arrivare a toccarmi il cuore o la mente.
Tantopiù quando ci muoviamo in questo campo così denso di concettualità eterea, immateriale, si fa presto a non cogliere nel modo corretto e a non comprendere appieno.
E quindi si capisce quanto sia importante rispondere alla domanda iniziale: che cos’è la consapevolezza?
Tengo a precisare fin da ora che sono state date molteplici definizioni a questa parola: c’è chi la definisce uno spazio, chi uno stato dell’anima, chi un’assenza di ego, chi un percorso mentale…
Per come la vedo io, la consapevolezza è un po’ di tutto questo.
Sicuramente possiamo dire che la consapevolezza è uno spazio. Uno spazio di movimento e di “non identificazione” con i nostri ruoli precostituiti (moglie di, madre di, figlia di o marito di, padre di, figlio di tanto per fare alcuni esempi di ruoli), nel quale possiamo essere appunto consapevoli di chi siamo indipendentemente da chi dovremmo essere secondo le nostre aspettative o secondo quelle degli altri.
Ma è anche vero che la consapevolezza è assenza di ego, o meglio di nuovo “non identificazione” con l’ego stesso e con tutte le sue continue richieste.
È anche uno stato dell’anima che in questo spazio di pace trova il modo di manifestarsi in tutta la sua meravigliosa essenza, e a questo spesso si affianca un percorso per così dire mentale in cui si comprende che la mente può prendere a sua volta riposo e trovare pace invece di assillarci costantemente con un numero infinito di richieste.
Lo stato di consapevolezza si può anche definire sinonimo dello stato di presenza.
Ossia quello spazio “no-mind” in cui siamo totalmente allineati al momento presente esattamente com’è, senza entrare in inutili discussioni con l’esistenza con l’assurda pretesa di dire “no” al momento presente e di modificare ciò che è e che non può essere cambiato se non dalla nostra completa e totale accettazione.
E fino a qui siamo tutti d’accordo, oserei quasi dire tutti “illuminati”.
Le cose iniziano un po’ a cambiare quando entriamo in relazione con gli altri e auspichiamo a portare la nostra consapevolezza anche all’interno della relazione romantica.
Quando l’inconsapevolezza entra in relazione
Eckhart Tolle descrive molto bene l’interazione che accade quando incontriamo un’altra persona senza essere in uno spazio di consapevolezza e quando anche l’altro non lo è.
Infatti, imprigionati entrambi nei ruoli dei personaggi che siamo abituati ad assumere e nei quali ormai ci identifichiamo senza assolutamente esserne coscienti, accade che il nostro personaggio nel quale siamo identificati si relaziona con la proiezione dell’idea che abbiamo costruito dell’altro, il quale a sua volta è identificato in un personaggio che si relaziona con la proiezione che esso stesso ha di noi.
Capisco che si debba rileggere la frase precedente per comprenderla appieno, in sostanza invece di essere due esseri presenti e consapevoli che si relazionano direttamente, a ogni incontro si manifestano quattro entità inconsapevoli che si interfacciano al nostro posto.
Basterebbe questo per spiegare come mai nelle relazioni tendiamo spesso a incasinare tutto, vero?
“Sarò chiunque vuoi che io sia, e tu sarai chi voglio che tu sia” scrive ancora Tolle descrivendo il patto scellerato e inconsapevole che si stipula fra due innamorati all’inizio della relazione e il fatto che dopo un certo periodo di tempo ci si trovi entrambi delusi e disillusi incolpando l’altro di non aver corrisposto alle promesse fatte inizialmente, significa proprio che una volta caduto il velo di quella proiezione si vede l’altro non per ciò che è realmente (altrimenti dovremmo vedere la natura meravigliosa della sua anima), ma bensì il suo ego nudo, svestito dal ruolo della nostra proiezione, e che, in quanto ego, è quanto di più orribile possiamo vedere.
E ciò che rende rabbiosa e densa di rancore la fine della relazione è proprio il corpo di dolore (sempre l’ego) che si arrabbia con l’ex partner per non essere stato in grado di scacciare quel senso profondo di solitudine e di paura che ci portiamo appresso.
Ecco perché è così importante essere consapevoli (di nuovo) di chi si sta relazionando con l’altro, se noi nello spazio di presenza e di consapevolezza o se il nostro personaggio o ego o corpo di dolore, visto che troppo spesso noi chiamiamo “innamoramento” quella sensazione di aver bisogno dell’altro che è propria dell’ego, e che con l’amore non ha nulla a che fare.
E in tutto questo il “dream” della ricerca del principe azzurro e dell’anima gemella, non solo va a farsi benedire, ma si fa spia, allarme e allerta che ci avvisa quando stiamo precipitando in un amore tossico e ci aiuta a comprenderlo fin dal principio.
Sono stata testimone diretta di come sia possibile fermarsi quando si è consapevoli e non totalmente identificati con il bisogno di un’altra persona, quando una volta compresi i meccanismi che regolano le nostre emozioni disfunzionali, possiamo finalmente decidere di scegliere di non perpetrare i vecchi comportamenti e cambiare le vecchie abitudini che apparentemente ci confortano perché in quelle azioni e in quei pensieri ci riconosciamo.
O meglio non riconosciamo noi stessi, ma bensì il nostro personaggio, colui o colei che ci ha sostituiti fin da quando eravamo molto piccoli, che si è relazionato al nostro posto con i nostri genitori da quando siamo stati in grado di comunicare con loro.
E siamo talmente identificati con questo personaggio da sentirci a volte più al sicuro con lui che con il nostro vero sé, che spesso giudichiamo come poco sicuro o troppo originale o anticonformista (è sempre il personaggio, cioè l’ego, che giudica, ricordalo!).
Il personaggio invece ci dice costantemente: “Hey questa sei tu, questo sei tu. Tu sei in questo modo, agisci in quest’altro, non ti ricordi? Continua così e vedrai che sopravviverai come hai fatto fin’ora”.
E noi lo facciamo, in ogni singola relazione che mettiamo in piedi.
E così lo fa il nostro partner in una sorta di illusione/disillusione circolare che non ci lascia scampo.
Come relazionarsi da uno “spazio di presenza”
Ma come fare allora?
Qual è la ricetta giusta per uscire da tutto questo?
Esiste una sola via, quella della consapevolezza ovviamente, che a sua volta è composta da molte parti di noi.
Prima di tutto occorre davvero pensare che molto di ciò che ci circonda ci spinge verso l’inconsapevolezza: i messaggi che riceviamo dall’esterno, il pensiero comune, la cultura in cui siamo immersi, le canzoni, i romanzi che leggiamo, la scuola, la famiglia… potrei continuare pressoché all’infinito con questo elenco.
E noi, che cerchiamo di restare aggrappati al nostro guscio di noce di consapevolezza appena conquistata in un oceano di vibrazioni contrarie, cercando disperatamente di non naufragare, siamo chiamati a non farci distrarre da tutto ciò che ci circonda e a scegliere di alimentare ogni giorno chi siamo veramente.
La creazione di spazi in cui alimentiamo il nostro vero sé è infatti imprescindibile.
L’ho già scritto altre volte ma lo ripeto: che sia la natura, che siano dei libri, dei corsi, delle meditazioni, qualunque cosa ti tenga in uno spazio di presenza deve essere prediletto rispetto a tutto il resto, deve avere la precedenza.
Quasi come se tu assumessi un antidoto al veleno quotidiano che ti trovi a bere se ti distrai abbastanza a lungo e abbastanza spesso.
La relazione consapevole con l’altra persona non è un fine a cui tendere ma una conseguenza della nostra presenza e consapevolezza con noi stessi.
Solo relazionandoci da uno spazio di presenza possiamo infatti pensare di iniziare con il piede giusto e proseguire insieme in armonia e vero amore.
Molto più complicato infatti è tentare di riportare in uno spazio di presenza relazioni che si sono già disintegrate in anni di inconsapevolezza.
Relazioni in cui non ci si è riconosciuti o amati veramente, e che hanno dato vita a tradimenti, bugie, sospetti, dolori e solitudine.
Queste hanno bisogno di uno sforzo davvero molto grande per essere riportate in uno spazio nuovo in cui i due partner finalmente si vedono per la prima volta senza il velo dell’ego.
Inoltre va sempre considerato che noi possiamo agire solo su noi stessi e che non abbiamo alcun potere sull’altro, il quale è sempre libero di scegliere che tipo di percorso di vita si sente, o è in grado, di percorrere.
Per cui spesso accade che solo uno dei due partner decida di voler iniziare a essere maggiormente consapevole e che questa scelta venga subito assunta dall’ego come la scusa perfetta per accusare l’altro di “non voler crescere”, facendo di nuovo precipitare entrambi nel delirio del corpo di dolore.
Non sottovalutare mai le conseguenze nefaste che una relazione inconsapevole può portare nella tua vita.
Anche se spesso le relazioni di quel tipo all’inizio si mascherano da relazioni d’amore, presto si rivelano per quello che sono: dei veri drammi che possono rendere la tua vita un inferno sotto ogni punto di vista.
Decidi quindi ora di restare sveglio, di essere sempre attento a chi si sta relazionando al tuo posto. Sei tu a farlo o è il tuo ego? Sei tu o è il tuo personaggio che impersona te stesso nella relazione con gli altri?
Non sono domande semplici a cui rispondere, lo so bene, soprattutto perché non siamo abituati a farle a noi stessi e agli altri.
Sono però domande importanti alle quali trovare una risposta, da queste domande infatti dipende la qualità della nostra intera esistenza.
Praticando la consapevolezza e la relazione consapevole saremo un po’ diversi dagli altri, certo, non saremo uguali alla massa delle persone.
A volte chi ci circonda penserà che siamo anche un po’ strani e magari saremo anche un po’ più soli, ma solo apparentemente, perché in realtà in questa ricerca troveremo noi stessi.
Come scrisse il poeta Robert Frost:
“[…]
due strade divergevano in un bosco ed io –
io presi la meno battuta,
e questo ha fatto tutta la differenza.”