Non possiamo pensare di avere alcun potere sul nostro destino fino a che non decidiamo di diventare adulti. E, al contrario di quanto si pensi, non è qualcosa che accade a prescindere da noi, inevitabilmente. Invecchiamo, ma non per questo diventiamo consapevoli. Picasso una volta disse: “Ho dovuto imparare a dipingere come Michelangelo, per poter tornare a disegnare come un bambino“. Ed è questo il punto.
di Alessandra Croce
Spesso l’equivoco è che ci si rivolge a qualcuno, un terapista, uno psicologo, un amico, sperando che ci aiuti a non sentire più dolore o sofferenza. Nell’illusione tutta infantile che la nostra vita possa tornare ad essere più vicina possibile a quell’ideale di infanzia protratta che ci portiamo dentro da quando siamo piccoli.
Senza renderci conto che ci perdiamo un pezzo importantissimo dell’esistenza, che stiamo dicendo no a tutto ciò che ci accade e che richiede che noi siamo presenti e finalmente adulti. Evolversi, crescere, maturare, diventare adulti, essere consapevoli.
Tutto ciò non renderà diversi gli eventi che accadono nella nostra vita, ma… comporterà due cambiamenti principali.
Il primo è che saremo in grado di affrontare ciò che ci accade, momenti difficili compresi, senza cadere nell’angoscia, nel panico e nello sconforto.
Il secondo è che non andremo più a creare situazioni che ci mettono in seria difficoltà, ma tenderemo a comprendere quanto ogni momento sia sacro e prezioso e come vada onorato e non distrutto da processi mentali autosabotanti e disfunzionali.
Ti sei mai chiesto cosa accade quando sei identificato con i tuoi schemi passati? Quando sei di fatto un “bambino emozionale”?
Beh, se hai figli di cui prenderti cura gli effetti possono essere devastanti. Come fa un bambino a prendersi cura di altri bambini?
Un bambino per definizione ha bisogno egli stesso di qualcuno che si prenda cura di lui, che si assuma le responsabilità quotidiane, che lo protegga e lo faccia sentire al sicuro. Si parla di “infanzia rubata” quando si tratta di bambini costretti a crescere precocemente e a diventare adulti prima del tempo.
Ma non si parla abbastanza di quegli adulti che invece al contrario non riescono a diventare adulti, che non si rendono conto di essere anagraficamente in età matura ma emotivamente ed emozionalmente sono rimasti ancorati al loro essere bambini.
Solo un adulto può aver cura di un bambino. E lo può fare con amore e accoglienza.
Ma per essere adulti occorre aver guarito le proprie ferite emozionali, quelle che quando sono ancora pulsanti, occupano tutto lo spazio possibile, e non lasciano spazio per gli altri.
Ed ecco allora che verso gli altri sembriamo sempre “concentrati su noi stessi”, non ci accorgiamo di ciò che ci accade intorno, monopolizziamo le conversazioni con i nostri drammi e se siamo genitori i figli sono spesso percepiti come “faticosi”, “impegnativi”, “in continua richiesta di attenzione”.
Ed è così. I figli sono impegnativi. Ma chi è in grado di prendersi un impegno e mantenerlo? Di nuovo, solo un adulto ha questa prerogativa, un bambino per sua natura non sa e non è in grado di impegnarsi. Eppure pretendiamo dai nostri figli che rispettino impegni e regole che noi stessi molto spesso facciamo valere solo per loro.
Abbiamo ribaltato le cose: da adulti ci permettiamo di fare e disfare cambiando idea ogni 5 minuti, mentre ai ragazzini chiediamo una coerenza e un impegno incompatibili con la loro stessa giovane energia.
E questo è solo uno degli enormi danni che essere identificati con il proprio bambino emozionale può portare.
Ripeto: diventare veramente adulti non significa evitare ogni problema o difficoltà e ritrovarsi a vivere una vita magicamente perfetta. Essere adulti significa avere a che fare con tutto ciò che l’esistenza pone sul nostro cammino reagendo con presenza e consapevolezza ad ogni evento, ed accettando anche di non farcela a volte, che poi è la stessa cosa. Infatti il punto non è farcela o meno, ma accettare ogni cosa, compresa la nostra incapacità a gestire come vorremmo un dato evento.
Solitamente chi ha una forte identificazione con il bambino emozionale, crea un casino dietro l’altro: nelle relazioni famigliari, con gli amici, in campo professionale.
In ogni ambito il nostro bambino è lì pronto a spuntare nel momento meno opportuno: una volta si offende e litiga, un’altra volta non sa porsi nel modo giusto, lavorativamente non ha il coraggio di chiedere e ottenere ciò che merita. Dei soldi non se ne occupa o se ne occupa male, spesso spendendo più di quanto abbia in tasca e senza una vera pianificazione (si è mai visto un bambino pianificare i risparmi?).
E così via… mentre gli anni passano e il senso di colpa e di inadeguatezza cresce.
Chi ti dice che la vita è semplice dice una grande verità.
La vita è semplice ma diventa complessa quando ti ritrovi ad essere di traverso rispetto a ciò che ti accade.
Ma come fare quindi a rientrare in ciò che alcuni chiamano “il flusso”? Come fare ad essere presenti e consapevoli di se stessi, delle proprie reazioni, delle proprie ferite emozionali?
Nella mia esperienza si è trattato di un percorso che credo non finirà mai. Certo ci sono stati diversi gradi di intensità, inizialmente era tutto molto “fresco”, amplificato: il dolore delle ferite emozionali mai guarite era totalizzante.
Ma quando sono arrivata al mio personale “punto di svolta”, e cioè come ho già detto, quando sono arrivata al punto in cui ho sentito in ogni fibra del mio essere che volevo uscire dalle ripetizioni in cui mi trovavo da quando avevo memoria di me e che non avrei più sacrificato un minuto della mia esistenza alla paura di essere ferita o abbandonata (alla fine per me tutto si poteva ricondurre a quello) e alle conseguenti strategie, tutte fallimentari per altro, di protezione e di difesa che mettevo in atto inutilmente da anni. Quando sono arrivata lì, dicevo, la scelta di cambiare è stata un lampo, ma l’attuazione del cambiamento è figlia di una determinazione profonda e ineluttabile, è una spinta interiore fortissima che diventa abitudine sana e consapevole mano a mano che passa il tempo.
Quindi, per riassumere: si prende la decisione di cambiare in un secondo, ma poi si entra in un viaggio “da sé a sé” che non finisce mai.
La cosa interessante è che questo viaggio ti consente di osservare come quando cambi tu tutto cambia intorno a te. Dico sul serio. A volte accade e lo consapevolizzi dopo che è accaduto: ti guardi indietro e ti accorgi di quanto la tua energia rinnovata ha mosso mari e monti.
Cambiano le persone che avvicini e che ti avvicinano, cambiano i tuoi rapporti con tutti gli altri, dalle persone più vicine, agli incontri fugaci e momentanei con i quali però migliorano i rapporti: anche fosse solo il parcheggiatore che si rivolge a te con un sorriso, lo stesso che hai rivolto tu a lui.
Una cosa che mi sta molto a cuore sottolineare è che una delle conseguenze più importanti è che diventando adulti e consapevoli cambia totalmente la situazione lavorativa e finanziaria. Negli anni uno dei lati della mia vita che era sempre un po’ incasinato era quello lavorativo: andavo da picchi di successo, a cadute libere, anche economiche. Mi vantavo di riuscire a vivere con poco e con molto allo stesso tempo, mentre in realtà non riuscivo ad avere una stabilità che mi facesse guardare al futuro con serenità. Qualche volta lasciavo dei conti in sospeso, perché in quelle montagne russe finanziarie non avevo sempre i fondi per fare fronte a tutto.
E quindi i miei disastri relazionali andavano spesso a braccetto con quelli delle mie finanze.
Ho fatto molte esperienze: sono stata sfrattata, ho ritrovato casa, non ho pagato gli affitti, li ho dilazionati, ho ritrovato lavoro, ho guadagnato molto, ho di nuovo perso tutto e così via…
E non mi accorgevo che quei problemi erano strettamente collegati con il mio modo di vivere TUTTE le relazioni, anche quella con il denaro o con il lavoro.
Sono certa che molti di voi leggendo si rispecchiano in quello che descrivo. E credimi non è facile dirlo, ancora oggi mi sento un po’ in imbarazzo. Ma se lo faccio è per dire a chi è ancora in mezzo a questa situazione che è possibile uscirne, è possibile diventare più forti e consapevoli, è possibile rassicurare il proprio bambino emozionale e lasciare che sia l’adulto che è in te a guidare la tua vita.
Vorrei solo poterti trasmettere quanta energia puoi avere in più dal momento che smetti di passare il tempo a creare a te stesso altri casini di vario genere, e quanta abbondanza esiste nel mondo se solo sei pronto a vederla.
Per tutti è importante che le proprie relazioni siano consapevoli e adulte e il primo passo concreto per essere adulti è essere finanziariamente indipendenti. Senza quello non vi è alcuna libertà.
L’altra sera ero al telefono con una mia amica, mi aveva chiamato per parlare con me della sua relazione. Lei ha due bambini, è separata e da un po’ di tempo ha una relazione con un uomo più grande di lei che era partita con lui che si proclamava innamoratissimo e che parlava addirittura di matrimonio. Passato un anno la situazione è molto cambiata: lui è lontano, a stento le dice dove si trova e cosa fa, e ogni volta c’è una scusa per non avvicinarsi troppo.
Quando ho detto alla mia amica che la loro relazione si era avviata sui binari dei due ruoli, dipendente e antidipendente, e che la scelta di vedere questo percorso era sua, lei mi ha risposto che non poteva allontanarsi da quella relazione perché lui la aiutava ad arrivare a fine mese, facendole la spesa quando lei non ci arrivava. Ti giuro che la mia amica non era a suo agio a dirmi questa cosa, e posso capirla.
A quel punto le ho detto: “Non stiamo più parlando della relazione vero? Qui stiamo parlando della tua situazione finanziaria e di quanto non sei libera di fare le tue scelte”.
E così ho pensato a tutte quelle coppie in cui semplicemente non è possibile prendere due strade diverse perché non ci sono i soldi per farlo: mariti che dormono sul divano, donne che non possono andarsene perché non sanno come mantenersi, mantenimento dei figli che assorbe le risorse di entrambi e ancora non bastano.
La libertà è fatta di tante cose. Nel mondo in cui viviamo è fatta anche di tranquillità economica, non dico per fare i “paperoni” e comprarsi uno Yacht, dico quella tranquillità che ti permette di fare scelte quotidiane per te stesso, che ti permette di mandare i tuoi figli all’università senza patemi, che ti permette di aiutare i tuoi genitori e non di essere sempre aiutato da loro che magari a loro volta fanno sacrifici.
So che in questo articolo ho “allargato” il campo delle relazioni da quella romantica a tutte le altre. Ma se l’ho fatto è perché mi sono resa conto che molti mi chiedono come fare ad avere la relazione perfetta, o a trovare un compagno o una compagna, o come fare a sposarsi etc etc. Tutte richieste focalizzare sul “come fare a trovare o a stare con qualcuno che non mi faccia mai più sentire solo in vita mia”.
Mi spiace se ti deludo: ma non funziona così. Se la tua richiesta è quella di voler eludere la sensazione di solitudine e la paura dell’abbandono, allora sarai destinato a sentirle e ad averne paura per sempre.
Solo attraversando quel dolore e quella paura potrai liberartene.
E solo quando ne sarai libero potrai relazionarti veramente con l’altro. Ma a quel punto non sarà più così importante, non sarà la tua priorità. Sarai aperto, ma non nel bisogno. Sarai disponibile, ma non ti svenderai.
Il cuore fa male? Chiedilo ad Ale…
Ciao Alessandra, avrei una domanda da farti. Dopo un fidanzamento di 6 anni e un matrimonio di 9 anni, sono stata lasciata dal mio ex marito subito dopo la nascita di nostro figlio che oggi ha 9 anni. Ho sofferto parecchio, ho impiegato 7 anni per accettare la cosa. Adesso sto benissimo da sola, mi sono riscoperta e sono rinata come donna. Il fatto è che non voglio più nessuna relazione con nessun uomo, sto talmente bene che non voglio neanche sentirne parlare. Cosa ne pensi? Grazie mille, Elisabetta
Ciao Elisabetta, dico che devi fare ciò che senti e se quello che senti in questo momento è di stare con te stessa, allora va bene. A volte non relazionarsi con qualcuno in senso stretto può essere un pezzo di strada importante di cura e di amore verso di sé. L’amore non è solo quello per un compagno o una compagna, ma è qualcosa in cui siamo immersi. Fai attenzione ad essere sempre vulnerabile rispetto all’amore: quello per tuo figlio è un’ottima palestra. Da mamma ti dico che il rapporto con mia figlia è stato preziosissimo per guardarmi dentro e capire come mi relazionavo con lei e che cosa creavo a seconda della diversa energia che mettevo in campo. I figli poi sono meravigliosi perchè ci amano di un amore incondizionato ma sono anche in grado di metterci davanti a noi stessi come siamo veramente, spogliandoci di tutti gli orpelli. “Disarmato era il mio cuore quando era accanto al suo”. È una poesia di Sylvia Plath dedicata a sua madre. Capisci quanto possiamo essere influenti sul cuore disarmato dei nostri figli solo quando ti concedi di sentire quanto sia disarmato il tuo cuore di fronte a quello di tua madre. Solo un’ultima cosa: se ti capiterà invece di incontrare una persona che ti interessa potrebbero risvegliarsi e riaprirsi ferite che pensavi di aver guarito e che invece si fanno ancora sentire. In quel momento sarà importante restare “sveglia” e affrontare la nuova avventura con maggiore consapevolezza rispetto al passato onde evitare ripetizioni potenzialmente dolorose.
Ciao Alessandra, dopo aver letto il tuo articolo sulla rivista di Heisenberg ho deciso di scriverti. Questa notte non riesco ad addormentarmi perché mi frullano nella testa gli stessi pensieri che credevo di aver assimilato e superato. Ho 33 anni e dopo quattro anni intensi di relazione con un attore di teatro sempre in giro per il mondo e con poco tempo da dedicarmi, sono rimasta due anni da sola e credevo di aver ritrovato la mia serenità e maturità affettiva, fino a quando da qualche settimana mi frequento con un ragazzo (imprenditore che vive nella mia città tre giorni e gli altri a Londra dove ha interessi economici da 15 anni) e di colpo sento il pugno allo stomaco e tutte quelle fragilità e insicurezze che mi fanno tornare una bambina alla prima cotta. Ho scoperto la paura di innamorarmi e di non essere ricambiata, di essere me stessa e di lasciarmi libera di rischiare. Incontro nel mio percorso sempre uomini sicuri di se stessi, super indipendenti e che sembra vivano le relazioni con quel distacco che mi fa stare male. Perché non riesco anch’io a non catapultarmi con tutta me stessa nella storia e non riesco a non rimanerci male se dopo momenti bellissimi lui per una giornata non mi chiama? Vorrei essere talmente centrata su me stessa da fare in modo che nessuno di loro possa abbassarmi l’energia che con fatica in questo periodo riesco ancora a tenere alta! Dolce notte, spero di non essere stata banale. Valentina
Ciao Valentina, assolutamente non banale, te lo assicuro.
Quello che hai descritto è uno schema classico questo sì, ma quando si parla di emozioni così profonde non si è mai scontati e ripetere certi concetti serve sempre a tutti, me compresa.
Parto da qui: “incontro sempre uomini sicuri di sé, super indipendenti e che vivono le relazioni con distacco”. Pensi sia un caso? No, non lo è. E non è nemmeno un caso che questi uomini si aggancino a loro volta con donne che al contrario di loro sembrano essere disponibili ad una relazione più stretta, meno “indipendente”.
Infatti ognuno dei due ruoli è funzionale all’altro. Per chiarezza, userò la descrizione che Krishnananda fa di questo “gioco” all’interno del suo libro “Uscire dalla paura”, dove chiama questa relazione “l’eterno dramma del dipendente e dell’antidipendente”, in cui il dipendente (tu in questo caso) chiede all’antidipendente (gli uomini sicuri di sé che incontri) di vivere una relazione che dia più amore e sicurezza, e l’antidipendente chiede al dipendente di relazionarsi sì, ma in modo più “sciallo”, senza troppe regole o impegni.
E per chi è identificato con il dipendente, le sensazioni che tu descrivi, e cioè la paura dell’abbandono, il pugno allo stomaco etc, sono il passo successivo.
Purtroppo tutto ciò non ha molto a che fare con l’amore inteso come l’unione di due anime che, ognuna traboccante di amore, si riversa nell’altro con il solo scopo di dare senza chiedere nulla in cambio.
Ma bensì questo è l’incontro di due personaggi, che a vicenda si rapportano con l’altro chiedendo (invece di dare), e in questi meri schemi relazionali, non possono dare nulla perché non posseggono nulla, ma per esistere hanno bisogno di alimentare a vicenda l’illusione che l’altro copra la paura più temuta: quella di contattare la propria ferita d’abbandono.
E così il dipendente si “attacca” all’altro come se fosse l’ultima scialuppa di salvataggio su una barca che affonda, mentre l’antidipendente salta da un rapporto all’altro nel vano tentativo di non essere mai solo ma senza darsi veramente.
Ora, l’argomento è davvero lungo e merita spiegazioni più precise che non poche righe di risposta. Altrimenti sono io che rischio di banalizzare l’argomento.
Sappi però che questa cosa la devi andare a vedere e a capire, altrimenti ti ritroverai a ripetere all’infinito questo schema relazionale che già ti sta capitando dalla prima cotta a quanto mi scrivi.
Parti dal libro che ti ho indicato sopra, è molto chiaro ed esaustivo e sono certa che ti ritroverai. Poi se vuoi confrontarti con me su qualche aspetto scrivimi ancora, io sono qui e mi farà piacere farlo. Ti abbraccio.
Hai anche tu una domanda per Alessandra? Scrivile a relazioni@rivistaheisenberg.it