Ciò che ci rende umani

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La parola è ciò che ci distingue dagli animali. Per quanti suoni un animale possa emettere, non avrà un sistema così articolato e codificato come la parola. Eppure non ci pensiamo mai abbastanza a quanto ogni parola che usiamo abbia un peso, porti un messaggio e descriva la realtà che ci circonda. Il linguaggio ci permette di mettere delle etichette alla realtà e capirci perché siamo d’accordo su queste etichette. Ma se non lo fossimo?

Pensa a un elefante blu che spalma marmellata su una fetta di pane canticchiando Jingle Bells… molto probabilmente non avevi mai fatto un pensiero di questo tipo, fino ad ora, ma adesso sicuramente l’hai appena fatto! 

Con le mie parole ho generato in te un pensiero preciso, con determinate forme e colori. 

Potresti rispondermi che un elefante blu non esiste, e non è possibile che un elefante spalmi la marmellata e canti una canzone… eppure nella tua mente ora esiste eccome. 

Il tuo cervello ha preso elementi a lui noti – sa cos’è un elefante, sa cos’è il colore blu, sa come si spalma la marmellata e sicuramente conosce Jingle Bells – e li ha assemblati secondo alcune indicazioni creando un’immagine verosimile. Irreale forse, ma reale per la tua capacità immaginativa. 

Le mie parole quindi, hanno creato una realtà in te.

Se ti dicessi invece di immaginare un pentarillo mastrato che diserge incupante un chilo di ambipole… credo che avresti più difficoltà a immaginarlo, vero? 

Le mie etichette non combaciano con le tue, non ci sono accordi, e quindi non stanno creando. Almeno, non per te. Per una lingua in cui esistono i pentarilli invece, ho creato eccome! 

Ci sono più di 7.000 lingue nel mondo, tutte diverse tra loro: alcune hanno suoni diversi, lettere diverse, addirittura segni grafici, vocaboli e strutture molto differenti l’una dall’altra. Sulla base dell’esperimento che ho fatto con te poco fa verrebbe quindi da pensare che ci sono più di 7.000 modi diversi di vedere la realtà, ma anche di pensarla! 

La professoressa Lera Boroditsky, psicologa e accademica di origine bielorussa, è una delle maggiori contributor nel campo della teoria della relatività linguistica. Le sue ricerche si focalizzano nell’ambito del linguaggio, della cognizione e delle loro interazioni reciproche con la percezione sensoriale, mediante un approccio interdisciplinare che integra metodi e conoscenze di linguistica, psicologia, neuroscienze e antropologia. 

Ti riporto di seguito alcuni sorprendenti casi che ci aiutano a capire quanto è importante il potere della parola e il punto di osservazione per noi esseri umani.

Nella lingua degli aborigeni australiani non esistono destra e sinistra, ma ci si orienta in base ai punti cardinali. Per esempio, anziché il braccio destro sarà il braccio a ovest, se qualcuno ti chiede: “Dove stai andando?” potrai rispondere: “Lontano a sud”

L’universo cognitivo creato dal loro linguaggio li rende capaci di orientarsi al pari di un delfino o di un insetto dotato di radar. Fin da quando nasci sei capace di percepire la realtà sulla base dell’orientamento. A me questo sembra quasi un super potere! 

Sempre gli aborigeni australiani, hanno un modo diverso dal nostro di concepire il tempo. 

Se io metto in ordine cronologico delle immagini, lo faccio posizionandole da sinistra verso destra. Se chiedo a un arabo di fare lo stesso, anche lui posizionerà le immagini su una linea orizzontale ma le farà “invecchiare” partendo da destra e andando verso sinistra. Se invece lo chiedo a un aborigeno australiano, lo scorrere del tempo non avrebbe una sola direzione, ma dipenderebbe da come quella persona è orientata nello spazio! Infatti per loro il tempo è determinato dal territorio – dal sorgere del sole a est e dal tramontare a ovest – quindi la direzione del tempo varia a seconda di dove si trovano! 

Orientamento, tempo… e i numeri? Sapevi che nella lingua pirahã, lingua parlata da una popolazione indigena della foresta Amazzonica, non esistono i numeri ma solo termini che indicano “una piccola quantità” e “una grande quantità”? Una gioia per chi non ama la matematica! 

E che dire dei colori? Immagina un londinese che parla con un cittadino di Mosca: se il londinese prova a descrivere il colore del mare, l’unica parola che potrà utilizzare è la stessa che ben conosciamo, blu. A Mosca esistono parole diverse per indicare diverse tonalità di quel blu: blu oltremare, blu cielo, blu navy, etc… 

Pensa che nell’antica Grecia il blu nemmeno esisteva. C’era il nero, il bianco, il giallo, il rosso e il cielo? Era del colore… del colore del cielo! Non avevano l’esigenza di usare questa parola. Lo stesso vale oggi per una tribù della Namibia, che sa distinguere decine di varianti di verde ma, se mostri a ognuno di loro 10 palline verdi e una blu, distinguono tutte le sfumature di verde, ma non riconoscono il blu! Attenzione: lo vedono, ma non ci fanno caso perché non hanno una parola per descriverlo.

Se non lo puoi nominare, è come se non esistesse… riesci a intuire quanto sia grande il potere inconscio del linguaggio?

Nella cultura giapponese, pur di non sottoporre gli interlocutori a un rifiuto rispondendo un semplice “No”, si usano parafrasi e giri di parole alternative, volte a indicare che la risposta alla domanda sarebbe spiacevole da ricevere quindi a prescindere ti propongono una soluzione alternativa. 

Una cultura fondata sull’alternativa, che non concepisce il rifiuto.

Prova a pensare ad alcuni concetti astratti, creati solo dalla cultura di appartenenza: la disperazione, il fallimento, la crisi… per te hanno un significato ma a cosa corrispondono, realmente, là fuori? Se la crisi per te è un insieme di elementi “negativi”, per un orientale invece è un collage di opportunità di rinascita.

Come vedresti il mondo senza numeri? Senza colori o col doppio dei colori? Senza destra e sinistra? Senza il “NO”? Potremmo continuare all’infinito, ma ciò che voglio tu capisca è quanto sia importante iniziare a mettere in discussione ogni categoria che fino a un istante fa credevi unica e irremovibile.

Tutto questo chiaramente ha delle conseguenze davvero impattanti: il linguaggio crea la realtà, dirige l’attenzione. E non solo a livello di contenuti e significati presenti o meno. 

Pensa per esempio a una lingua come l’inglese, in cui domina la transitività di un verbo, che quindi mette in risalto il soggetto che compie un’azione su un oggetto. 

In italiano esistono invece i verbi riflessivi, quindi quando succede qualcosa di imprevisto, non si bada a chi ha fatto cosa, ma a come sistemare l’imprevisto stesso. Ti faccio un esempio perché tu lo possa capire meglio: se improvvisamente si rompe il forno, per un inglese il forno “è stato rotto da qualcuno” o “qualcuno ha rotto il forno”, non può essersi rotto da solo. Quindi è importante sapere chi è stato per completare la frase. Per noi invece “il forno si è rotto”, fine. Cerchiamo la soluzione, non il colpevole.

Capisci quanto questo renda diverso il nostro modo di pensare dal loro? 

Pensa a come può essere più ricca e articolata una realtà rispetto a quella che conosci, quante sfumature in più ci possono essere in un’altra lingua, rispetto al tuo universo cognitivo. 

Pensa anche solo alla parola “lavoro”, l’unica che abbiamo noi per indicarlo. Penseresti mai che esistano altri termini? Altre sfumature? È lavoro, punto. 

In inglese c’è una fondamentale differenza invece tra work e job. Nel cervello di un inglese questi due lemmi trasmettono un messaggio ben distinto: il job è la professione, l’attività per cui una persona è retribuita al fine di mantenersi. Il work è la passione, l’attività che gratifica chi la compie, nel portafoglio ma soprattutto nell’animo.

Qual è l’insegnamento che puoi cogliere da tutto questo discorso sul linguaggio e sui diversi punti di percezione?

Quello che voglio trasmetterti principalmente, è l’importanza di farti alcune domande quando ti senti sopraffatto da un problema. Allora ogni qualvolta ti trovi ad analizzare una situazione, un problema, chiediti: “Perché penso in questo modo? Come potrei pensare diversamente?”

Coltiva il dubbio: “Cosa vorrà dire questa parola? Cosa sta rappresentando?”. 

Coltiva il tuo linguaggio, arricchiscilo, apprendi nuovi termini, approfondisci significati che credi di conoscere, ti si aprirà un mondo! 

Se combini insieme 7 miliardi di persone con 7.000 lingue diverse e uniche, il campo delle infinite possibilità assume contorni sempre più definiti e tangibili.

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