Perché abbiamo paura di rischiare sul lavoro (e non solo)?

paura di rischiare - Lavoro- Blog Rivista Heisenberg

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La paura di rischiare ci accompagna soprattutto quando ci troviamo a fare delle scelte importanti per la nostra felicità.

Eppure ogni giorno lungo l’arco di una giornata corriamo (quasi inconsciamente) dei rischi, più o meno grandi, è inevitabile non rischiare. 

Ma perché allora non riusciamo a rischiare davvero quando si tratta di scelte importanti per la nostra felicità? 

Cosa nasconde questa paura e come possiamo imparare a superarla?

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Paura di rischiare o bisogno di sicurezza?

È una cosa alla quale spesso non diamo importanza ma sono sicura anche a te sarà capitato nell’arco della tua esistenza di avere rischiato la vita.

Magari quella volta in cui sei inciampato/a nel laccio della scarpa e stavi per cadere dalle scale, oppure quando un automobilista ti ha visto all’ultimo minuto attraversare la strada e ha frenato bruscamente, o ancora in bicicletta, in motorino, in auto.

Lì per lì magari hai preso una bella paura, poi hai tirato un sospiro di sollievo e pian piano hai ripreso la tua vita normalmente.

Eppure, quello che è successo non è trascurabile: stavi rischiando la vita!

Per il nostro “sistema corpo-mente”, programmato per la sopravvivenza, non c’è nulla di più grave, eppure sei tornato/a, a volte anche dopo solo una manciata di istanti, a rifare ciò che ti aveva fatto rischiare così tanto. 

Nessuno può garantirci che non perderemo la vita facendo la doccia, scendendo le scale, in auto, ma, nonostante nessuno possa darci questa sicurezza, noi continuiamo imperterriti a “rischiare”.

Che cosa ci spinge a farlo?

La fiducia nel fatto che (presumibilmente) andrà tutto liscio è la forza che ci spinge a “rischiare” ogni volta e a farlo anche con una certa leggerezza.

Del resto dentro di noi sappiamo bene, infatti, che non accettare questi rischi avrebbe un costo troppo elevato, ovvero per non rischiare di morire ci ritroveremmo a non vivere.

Bisogno di sicurezza: il funzionamento del nostro cervello

Come mai allora se accettiamo di fare certe cose pur di vivere a pieno, spesso nel lavoro liberarci dalla necessità delle sicurezze ci risulta così difficile?

Non è una domanda retorica, prova a rispondere con ciò che ti viene in mente prima di proseguire con la lettura.

Se hai letto almeno uno dei libri di Italo ormai saprai benissimo che a guidarci nella maggior parte delle scelte e delle azioni è una sorta di “pilota automatico”, costituito dall’insieme delle nostre credenze ovvero di quelle convinzioni che scambiamo per realtà, che si sono formate attraverso le molteplici influenze ricevute da fonti diverse (la società, la famiglia, la scuola, i mass media, le persone che conosciamo e così via).

Probabilmente nel tempo hai appreso che il posto fisso è sicuro, che per stare tranquilli bisogna avere un buon contratto a tempo indeterminato eccetera. 

Un motivo per il quale molto spesso, anche nella scelta nel nostro percorso scolastico o professionale, preferiamo ciò che sembrerebbe fornirci una strada più “sicura”, è il funzionamento del nostro cervello.

Esso, infatti, progettato per la sopravvivenza e non per la felicità, ci spinge a preferire il certo per l’incerto.

Ci aiuta a comprendere questo meccanismo la “Teoria del rimpianto” che riguarda le scelte finanziarie.

Secondo questa teoria le persone cercano continuamente di fare scelte delle quali potenzialmente “non pentirsi”, è per questo che solitamente optano per le alternative “meno rischiose”, “meno compromettenti” e “meno dolorose” ovvero simili a quelle che fanno gli altri o che in tanti ci hanno detto essere le migliori (principio della “Riprova sociale” dello psicologo Robert Cialdini), anche se queste porteranno nella vita minori soddisfazioni. 

Hai mai fatto caso che, normalmente, preferiamo evitare dei costi perché ci risultano più dolorosi dei mancati guadagni, anche se a conti fatti non è conveniente?

Te lo spiego con un esempio concreto.

Immagina di essere un personal trainer che guadagna 35 euro netti all’ora amando ciò che fa. Non ti piace pulire la casa ma non vorresti spendere 50 euro a settimana per pagare una persona che lo faccia al posto tuo.

Pensandoci bene, se tu il pomeriggio che dedicherai alle pulizie avessi pagato 10 euro all’ora per 5 ore una domestica avresti potuto lavorare 5 ore (o anche meno volendo riposarti un po’…) quindi, in questo modo, hai “risparmiato” 50 euro perdendone però 175 di mancato guadagno! 

È qualcosa di simile che ci spinge, ad esempio, a intraprendere un business “risparmiando” 1500 euro in un corso di formazione che invece ci aiuterebbe a prevenire degli errori comuni che potrebbero costarci decine di migliaia di euro.

Un altro motivo per il quale facciamo scelte che privilegiano le “sicurezze economiche” è che spesso sottovalutiamo, anche a causa di chi abbiamo intorno e ci influenza, l’importanza di vivere il nostro tempo in un modo che riteniamo pieno di significato.

Sopravvalutiamo invece l’importanza del denaro, in particolare privilegiando la sicurezza di averne magari poco ma “certo” (utilizzo le virgolette in quanto nulla è certo e garantito al mondo).

Ecco perché spesso non ci diamo neppure la possibilità di provare a cambiare azienda in cui lavoriamo o a creare qualcosa di nostro. 

Ma che costo emotivo e in termini di stile di vita può avere tutto questo?

Pensandoci bene se tu aprissi l’azienda dei tuoi sogni questa potrebbe farti guadagnare anche decine di migliaia di euro al mese ma spesso, preferendo “la sicurezza” dei 1400 euro al mese, hai potenziali perdite milionarie ogni anno, senza considerare quanto ti costa tutto questo in termini di appagamento e felicità. 

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Supera la paura di rischiare per non avere rimpianti

Come trovare allora la forza per andare oltre le insicurezze e la ricerca, a volte poco conveniente, di (illusorie) certezze? 

Per esserti di aiuto in questo ti chiedo ora di fare questo piccolo esercizio.

Chiudi gli occhi e immaginati di avere centodieci anni.

Sei a letto e le energie ti stanno abbandonando di ora in ora, il passaggio di dimensione potrebbe essere vicino.

Nella sedia vicino al tuo letto c’è una giornalista che ti sta intervistando e ti sta chiedendo di parlare della tua vita lavorativa.

Vuole sapere cos’hai fatto, ma soprattutto vuole che le racconti quanta gioia, soddisfazione e felicità il tuo lavoro ti ha donato.

Raccontaglielo (se vuoi mettilo per iscritto) supponendo di avere continuato ciò che stai facendo ora come lo stai facendo, fino alla pensione.

Quanta gioia c’è nelle tue giornate e in ciò che fai?

Se il tuo racconto è stato pieno di gratitudine ed entusiasmo mi congratulo con te, fai parte di quella minoranza di persone che trae davvero soddisfazione da ciò che fa.

Se invece hai provato emozioni sgradevoli, datti ora la possibilità di immaginare uno scenario diverso.

Chiudi gli occhi e comincia a raccontare alla giornalista la vita lavorativa che hai fatto immaginando però che tu abbia seguito le tue vere inclinazioni (anche rischiando un po’).

Com’è il tuo racconto ora? Hai belle sensazioni? 

Quello che emerge spesso durante esercizi come questo è che, in ogni caso, vale la pena “rischiare” di buttarsi in quello che senti realmente tuo, anche solo per non rimproverarti in futuro di non averci provato, per non avere rimpianti!

Ricorda che pur di “vivere”, ogni giorno rischi la vita stessa, non varrebbe la pena rischiare un po’ di denaro e qualche critica per poterti dire almeno di esserti data la possibilità di provare qualcosa di diverso?

Io credo di sì.

Smetti di pensare a tutto quello che potrebbe andare male e lascia che la fiducia sia la tua forza.

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