Cosa ti aspetti da una relazione?

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Cosa ti aspetti da una relazione d’amore nel momento in cui decidi di entrare in relazione con una persona? Quali sono le possibilità che una relazione ti offre? Amore, passione? Gioia, tristezza? O c’è di più?

Il mese scorso su rivista Heisenberg ho affrontato il tema del perché entriamo in una relazione, e ho cercato di capire qual è il presupposto o se preferisci l’aspettativa che abbiamo quando uniamo il nostro cammino con un’altra persona.

Ma il tema è vasto oltre che profondo e molti di voi mi hanno scritto chiedendomi di approfondire l’argomento.

E quindi eccomi qui a condividere le mie riflessioni.

Cultura, religione, scuola, sono una parte importantissima della nostra programmazione mentale.

I nostri valori più profondi e anche ciò che sappiamo o che crediamo di sapere riguardo all’esistenza, sono il frutto che nasce da un albero che ha le radici nel terreno in cui siamo nati.

E anche la relazione si nutre di quello…

Che cosa siamo qui a fare?

Come forse già sai, una delle forme di programmazione più importanti nella quale siamo immersi, è quella culturale.

Il luogo in cui nasci e cresci e vai a scuola ha un’importanza enorme che si associa a quella della famiglia a cui appartieni.

Spesso le due culture sono una il riflesso dell’altra.

Se sei nato o cresciuto in oriente, per le filosofie, le religioni e la cultura orientale il fine ultimo del nostro passaggio su questa terra è molto chiaro: siamo qui per evolverci spiritualmente.

Per alcuni tramite la reincarnazione, per altri attraverso le caste, per altri ancora il fine ultimo è il Nirvana, l’annullamento dell’Io che si fonde nel tutto.

Ma per noi occidentali la faccenda è più complicata.

La nostra cultura ha subìto molteplici influenze anche religiose, e in Italia in particolare alla fine quella che ha avuto il sopravvento è la cultura cattolica.

Che cosa siamo qui a fare? Che scopo abbiamo su questa terra?

La religione cattolica non è molto concentrata sulla risposta a queste domande. Ma più sul peccato e sul peccato originale.

Praticamente ci dice che se ci comportiamo bene, se rispettiamo i 10 comandamenti e viviamo una vita virtuosa, avremo la nostra ricompensa nell’aldilà andando in paradiso.

Se però non siamo così bravi e ci comportiamo da peccatori, possiamo sempre pentirci prima di morire e ricevere l’assoluzione e quindi andare in paradiso comunque.

Per tutti gli altri, diavoli e fiamme dell’inferno.

Però sembra sempre di più che questa cultura non ci aiuti a vivere nel mondo odierno.

Infatti c’è molta confusione su cosa sia peccato e cosa sia virtù e tutti, sia giovani che meno giovani, ci sentiamo un po’ soli rispetto ad avere uno scopo più elevato dell’esistenza.

Con tutto il rispetto per ogni credo religioso, a me pare che per vivere all’inferno a molti di noi non serva aspettare di morire, perché viviamo già abbastanza male qui sulla terra.

E la confusione regna sovrana.

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Siamo qui per tornare a casa

Quindi di nuovo: perché siamo qui? Qual è il senso profondo del nostro passaggio su questa terra?

Io una risposta me la sono data, l’ho trovata nei libri, nelle parole dei miei maestri ed è risuonata sia nel mio cuore che nella mia mente: siamo qui per tornare a casa.

Ma cosa vuol dire “tornare a casa”? 

Come sai cerco sempre di portare a terra e rendere semplici e comprensibili dei concetti che non sono così immediati da afferrare.

Io personalmente ci ho messo anni e anni.

Picasso diceva che ha studiato una vita per imparare a disegnare come un bambino.

E quello che intendeva è che per essere semplici, per comunicare in modo semplice e immediato come solo un bambino sa fare, sia con i segni che con le parole, occorre studiare moltissimo in modo che ciò che impariamo possa compenetrarci così profondamente da diventare noi stessi il messaggio, da essere noi stessi la parola o il segno e poterlo così comunicare con grande semplicità, con un gesto, una parola, o un disegno, con la stessa immediatezza e assenza di barriere che userebbe un bambino.

E quindi tornare a casa significa questo, significa dedicare la propria vita a tornare in quello spazio totalizzante di presenza che avevamo da bambini e che abbiamo abbandonato mano a mano che ci siamo affidati alla mente come organo di comando.

Eckhart Tolle spiega che abbiamo dato alla nostra mente il ruolo di “Master” (padrone) quando dovrebbe avere quello di “servant” (servitore) e che questo ha complicato ogni cosa.

Quando tu metti qualcosa che per sua natura deve servirti (la mente funzionale, quella che ti rende possibile attraversare una strada evitando le automobili, o tagliare un pezzo di cibo, o compiere qualunque azione razionale) a guidare tutta la tua vita, ecco che si crea un disastro.

La mente per sua natura è duale, non è in grado di decidere includendo.

Per prendere una decisione ha bisogno di confrontare cose che conosce per poi decidere quale sia migliore e scegliere quella strada.

In questa scelta inevitabilmente c’è qualcosa che prende la definizione di “giusto” e qualcosa di “sbagliato”.

Qualcuno sarà bravo, qualcuno cattivo. Qualcuno avrà ragione, sempre noi, e gli altri avranno torto. E così via. 

In questa totale e continua dualità si formano le nevrosi, le ansie e i successivi tentativi di placarle e non sentirle attraverso obiettivi perlopiù materiali che dovrebbero ottenere il risultato di farci stare meglio, più in pace.

E che funzionano, ma per breve tempo purtroppo.

Fra questi tentativi-sedativi che usiamo per stare bene e distrarci da ciò che sentiamo “dentro”, mettiamo lo shopping, la vita sociale, l’alcool, il fumo… e anche le relazioni.

A dire il vero alcuni mistici a questo elenco aggiungono molto altro, e cioè tutto ciò che serve a distrarci dal momento presente e a portarci da un’altra parte, come le serie tv, il cinema, il lavoro e chi più ne ha più ne metta.

Ma a mio parere è come sempre una questione di buon senso: fa male ciò che ci fa male.

Fa male ciò che ci incasina e che ci sfugge di mano, e soprattutto fa male ciò che ripetiamo.

Perché le relazioni “accadono”?

Ma perché dico che la relazione è oggi qualcosa che ci porta via dal momento presente e che ci porta ad anestetizzarci rispetto alla vita?

La risposta è perché, come abbiamo già visto nel mio precedente articolo, entriamo in relazione per la ragione sbagliata.

Se chiedi a dieci persone “perché vorresti avere un compagno o una compagna?”, nove ti risponderanno: “Per essere felice!”.

Se chiedi a dieci persone “cosa ti aspetti da una relazione?”, nove ti risponderanno “Di diventare finalmente felice!”.

E quindi il presupposto per cui si entra in una relazione è perché da soli ci sentiamo tristi o poco felici e speriamo che l’altra persona ci aiuti a diventare delle persone felici.

Ma questo non è il vero scopo di una relazione, solo che nessuno ce lo spiega.

Nessuno ce lo dice.

Attenzione che non vale solo per la relazione romantica, tutte le relazioni accadono per darci la possibilità di evolvere.

Siamo sommersi da una programmazione mentale di enorme portata che ci riempie la testa di cosa ci dobbiamo aspettare da una relazione, e sono tutte programmazioni false.

Facciamo un piccolo passo indietro.

Siamo tutti d’accordo nel dire che “tutto ciò che ci accade avviene per noi e non contro di noi”?

Il che significa che l’esistenza ci mette davanti a ciò che ci serve davvero, a ciò che dobbiamo vedere e che se non lo vediamo ce lo ripropone costantemente ogni volta.

E quindi ti chiedo, se è vero che tutto ciò che ci accade avviene per noi, significa che anche la relazione rientra all’interno di questa casistica di avvenimenti.

Il “per noi” significa che siamo qui per evolverci: è per questa ragione che dobbiamo scegliere di relazionarci, essendo aperti alla possibilità che questa relazione ci aiuti a conoscere parti di noi che diversamente non conosceremmo mai, sapendo che saremo sfidati a migliorare, che dovremo sviluppare la nostra capacità di essere consapevoli di ciò che accade, di diventare gli osservatori e di non identificarci con ciò che proviamo.

Non è semplice trasferire questi principi, come dicevamo “ci vuole una vita per imparare a disegnare come un bambino”, ma ci provo sempre e spero di riuscire almeno in parte a trasferire in chi legge un po’ di questa consapevolezza.

L’alternativa è una vita di sofferenza e di incomprensioni.

Guardati intorno: quanto dolore, quanta sofferenza e quanta violenza accompagnano le nostre relazioni!

Partono tutte cariche di grandi speranze e aspettative, e poi?

Lui è sempre l’uomo migliore al mondo, lei la donna più bella e affascinante che esista, e dopo qualche anno ci si ritrova a litigare per chi tiene il cane o peggio i figli.

E quel grande amore? Quell’amore grande come il mare che fine ha fatto?

Ne rimane poco più di una pozzanghera mentre ci finiamo dentro con il piede varcando la soglia di casa per non tornare più indietro.

Lo stesso accade troppo spesso anche nelle altre relazioni: sul lavoro ad esempio, sia con i colleghi che con i superiori.

Ma lo sai anche tu che non può essere tutto lì.

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Il vero amore è…

Non possiamo pensare di credere davvero che sia così difficile!

Tanto che a volte scegliamo di rinunciare e stare solo con noi stessi.

Forse è difficile perché partiamo con il piede sbagliato.

È difficile perché sbagliamo campo da gioco, perché se vai a giocare a tennis con le pinne e la maschera, ci credo che poi non prendi una palla e ti convinci di non saper giocare!

Entrare in una relazione dovrebbe essere come entrare in un tempio in cui ci si onora entrambi e ognuno onora se stesso oltre all’altro.

Ci vuole rispetto, e silenzio, e amore.

Amore per se stessi e per l’altro, appunto.

Rispetto per la propria e per l’altrui sensibilità.

Silenzio per lasciare che cantino i nostri cuori e per riuscire ad ascoltarne la voce melodiosa.

E poi ci vuole tempo.

Il vero amore non conosce fretta.

Quella è la passione, che non ha nulla a che vedere con l’amore.

Quando correte, quando sembra che senza l’altro non potete respirare, quando siete in affanno se non lo vedete prima di subito, quando ogni minuto senza di lui sembra un’ora… quello non è amore.

Quella è passione, e la passione viene dal verbo “patire”, e patire è uguale a soffrire.

La passione vi fa bruciare, l’amore vi rinfresca.

Se volete capire quando siete davvero stati sfiorati dall’amore, allora dovete accorgervi che non avete più fretta di andare da nessuna parte: siete già a casa, siete già nel sacro spazio d’amore. Bastate a voi stessi.

Siete in grado di dare, di offrire il vostro amore senza imporlo, di unirvi all’altro in armonia, facilmente.

L’amore è facile. La passione è complicata.

Sembrano frasi ad effetto, eppure se hai mai provato il vero amore, sono certa che ti risuonano, che vibrano dentro di te. Perché basta aver provato quel tipo di amore una sola volta nella vita per ricordarselo per sempre.

Non dobbiamo accontentarci di niente di meno.

Non importa se non si è fidanzati, sposati, conviventi. Non importa quello che dicono o pensano di noi gli altri, come giudicano le nostre scelte e la nostra vita.

Solo noi sappiamo come sta il nostro cuore, come ci parla, come sa amare, cosa ha da dare quando è ricolmo d’amore.

Non importa a chi doniamo il nostro amore, se a una pianta, a un cane o un gatto, un uomo o una donna o un figlio, un amico o una persona che non conosciamo.

Ciò che importa è che in quel momento, quando siamo pervasi da quello che è il vero amore, noi apparteniamo al tutto, e donando il nostro amore in modo totale e consapevole, siamo finalmente tornati a casa.

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